Bilance dei Pagamenti, lo Squilibrio che Non si Aggiusta

Dei quattro più grandi problemi dell' economia mondiale: quello dello squilibrio del Pil pro capite dei diversi Paesi, quello dello squilibrio delle bilance dei pagamenti fra Paesi creditori e Paesi debitori, quello della disoccupazione e quello dell' immigrazione, il più intrattabile di tutti pare essere il secondo. Un tempo, diciamo fino a 20 anni fa, quando il potere economico era saldamente nelle mani degli Stati Uniti, dell'Europa Occidentale e del Giappone, i meccanismi squilibrio/riaggiustamento funzionavano in modo soddisfacente. Per fronteggiare un deficit dei conti con l'estero di un Paese venivano adottate misure di controllo della domanda interna attraverso l' effetto della politica monetaria più restrittiva sulla riduzione dell' offerta di credito e l' aumento dei tassi di interesse e nei casi più gravi ricorrendo ad una svalutazione anche drastica del cambio della moneta nazionale.

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Credito Facile, chi Paga il Conto della Festa

È chiamata fiat money la moneta creata dalle banche centrali senza il supporto di un bene reale, tipicamente oro, nel quale tale moneta debba essere convertibile a richiesta. Si tratta di una moneta creata da un atto di volontà ("la moneta sia fatta") nella quantità e nel prezzo (tasso di interesse) voluti dalla banca centrale e senza le limitazioni e i vincoli, e quindi la disciplina, che ci sarebbero se la moneta fosse convertibile in un bene fisico, come ai tempi degli istituti di emissione. Naturalmente anche questa moneta creata ad libitum non nasce dal nulla, ma viene emessa a fronte di una delle tre grandi voci dell'attivo della banca centrale, e cioè i crediti sull' estero, sulla pubblica amministrazione e sul sistema bancario. Quando si è in regime di fiat money bisogna distinguere se ci troviamo in un contesto inflazionistico, come negli anni 1970, oppure in un contesto deflazionistico, come quello attuale, perché l'aumento dei prezzi è contenuto dalle spinte deflazionistiche provenienti dalle merci e dai servizi importati da Paesi come la Cina, l'India, eccetera. che producono a costi pari a circa un quinto di quelli dei Paesi industrializzati. Nel primo caso le banche centrali hanno le mani legate.

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Le Insidie della 'Bolla' del Credito Facile

La bolla delle dot com, cioè dei prezzi dei titoli tecnologici, che si era gonfiata nella seconda parte del decennio 1990 e che è esplosa nel 2000 con il crollo dei titoli azionari, e in particolare dell'indice Nasdaq, era facile da capire. Rapporto prezzi/utili alle stelle, valore di borsa di società tecnologiche che in breve superava quello della Fiat (in Italia) e quello della General Motors (in America), rialzi parabolici dei prezzi delle azioni: tutto questo faceva pensare allora che, prima o poi, ci sarebbe stato il redde rationem. E ci fu al punto che l' indice Nasdaq 100, che pure comprendeva solo le 100 società più affermate in campo tecnologico, scese dell' 80% (diciamo da 5000 punti a 1000) e i titoli delle piccole società subirono ribassi anche del 99%, quando non fallirono. La rottura della bolla delle dot com trascinò al ribasso anche i prezzi dei titoli di società della vecchia economia.

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Gli Stati Uniti si Sono Messi in Trappola

Le bolle speculative sono più facili da gonfiare che da mantenere in vita. La bolla immobiliare negli Stati Uniti sta cominciando a sgonfiarsi e i rischi dell'economia USA e globale sono più grandi che nel 2000 alla vigilia del crollo dei mercati azionari e sono più grandi a causa degli squilibri che si sono determinati in parte a seguito della bolla immobiliare e del suo scoppio. Vi sono tutte le condizioni perché il consumatore americano indebitato fino gli occhi tiri i remi in barca, causando anche un crollo dell'import statunitense e per questa via una recessione globale. Infatti, non bisogna dimenticare che il motore della crescita economica è il credito. Il credito totale interno degli Stati Uniti è passato dal 150% del Pil nel 1969 al 240% nel 1990 e al 340% di oggi.

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La Fine Rumorosa della Macroonda delle Borse

Immaginiamo che in base ad una certa teoria si sostenga che il movimento dei prezzi nei mercati azionari (si prenda inizialmente quello di New York come paradigma) partendo da un valore minimo si esprima in 5 macroonde, la prima al rialzo (nella direzione dell' impulso), la seconda correttiva, cioè di consolidamento, la terza molto potente di nuovo al rialzo, la quarta correttiva e la quinta di nuovo al rialzo e che, dopo questa quinta macroonda, vi sia una severa correzione di tutto quanto il grande macromovimento ascendente. E immaginiamo che le cinque macroonde siano iniziate nel decennio che ha caratterizzato la rivoluzione americana e quella francese, due Paesi che si sono affiancati alla Gran Bretagna nella grande rivoluzione industriale, e cioè fra il 1780 e il 1790 (si prenda come riferimento il 1789).

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Il Futuro è nelle Energie Alternative

Può darsi che dalle sabbie bitumose dell'Alberta (Canada) si possa estrarre petrolio a circa 25 dollari il barile. E può pure essere che queste athabaska oil sands contengano più petrolio (per quanto di pessima qualità e con difficoltà di raffinazione quasi insormontabili) di tutte le riserve dell'Arabia Saudita (oltre al fatto che sono situate in una zona di approvvigionamento molto più sicura per l'Occidente). Ma la situazione del mercato petrolifero connessa con le ricerche, con le esplorazioni e con le estrazioni tradizionali suona una musica ben diversa.

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Il Pericolo per le Borse Arriva dal Credito

Sfidando ancora una volta la legge di gravità, il mercato azionario di New York e, di conseguenza, tutti gli altri mercati occidentali e orientali si sono ripresi dal crollo avvenuto negli ultimi giorni di febbraio e nelle prime settimane di marzo 2007. È la quarta volta che il movimento al rialzo iniziatosi il 10 ottobre 2002, dopo la grande caduta marzo 2000/ottobre 2002, sembrava terminato ed invece continua. Era già avvenuto nel febbraio 2004, nel marzo 2005, nel maggio 2006. Erano date importanti e da me previste poiché legavano temporalmente il precedente movimento al ribasso con quello al rialzo, in base a rapporti matematici molto tipici.

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Ma sullo Sfondo c'è il Medio Oriente

L' elenco dei rischi e degli eventi negativi cui i mercati azionari hanno reagito in questi anni con una scrollata di spalle, da quando il 10 Ottobre 2002 essi hanno terminato la severa fase di ribasso dei prezzi iniziatasi nel 2000, è straordinario e lunghissimo. Ricordiamo in particolare l'attentato terroristico di Madrid dell' 11 marzo 2004, quello di Londra del 7 luglio 2005, le notizie sui media che giorno dopo giorno hanno sottolineato il pantano in cui gli Stati Uniti si sono cacciati in Iraq e Afghanistan.

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Borse, Come Comprendere Dove Tira il Vento

L' evoluzione dei prezzi sui mercati finanziari, in generale, e sui mercati azionari, in particolare, costituisce un processo di sviluppo simile a quello che ha luogo in ogni altro ramo della storia del genere umano. Tale evoluzione è caratterizzata dal fatto che per un certo periodo un numero maggiore di persone si presenta sul mercato come compratore o compra per importi più elevati rispetto al numero e agli importi dei venditori. Ma questa situazione non può durare all' infinito, poiché ogni processo di sviluppo, oltre che del vettore che si manifesta nel senso dell’impulso, ha bisogno anche del consolidamento o correzione. Ed ecco quindi che subentra un periodo nel quale i venditori prevalgono sui compratori. In entrambi i casi gli acquirenti e i venditori non agiscono come un'entità collettiva, come un gruppo, come una comunità.

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Il Profitto è Diventato una Variabile Indipendente

Una delle leggi dell'economia vuole che sulle monete forti, quelle dei Paesi creditori, come, ad esempio, Giappone e Svizzera, i tassi di interesse siano bassi e su quelle dei Paesi debitori (Stati Uniti e Gran Bretagna) i tassi di interesse siano alti, appunto per attrarre capitali. Un tasso alto sul dollaro (ad esempio del 5,50%) e una svalutazione del cambio del 4% eguaglia il rendimento effettivo di un investimento in yen o in franchi svizzeri all' 1,5%. Tutto ciò è logico perché i rendimenti delle diverse attività finanziarie devono essere eguali se aggiustati per il rischio.

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