Seminario tenutosi in data
12.01.2019

presso

Valente Academy
Center for International Studies
Via Giovanni Mayr, 3 ang. Viale Bianca Maria - 20122 Milano

 

Il principio greco del Kalòn, riduttivamente tradotto con l’italiano “bellezza”, abbraccia un’innumerevole varietà di significati. L’evidente evanescenza del termine, privo di referente concreto, ha esercitato un fascino calamitante sull’essere umano, che ha da sempre cercato di fornirne una qualche definizione, per quanto parziale.

Kalòn come estetica, giudizio di pura apparenza, o come equilibrio, espressione di armonia metafisica interiore, sintesi di una duplice visione del mondo?

Kalòn è esperienza, sia del reale, in prospettiva sensoriale, sia della propria interiorità, verso la consapevolezza del sé.

Kalòn è profondità interiore, riflessione organica sul mondo e consapevolezza del proprio posto nell’Universo.


 

BELLO, BELLEZZA

Chiedete a un rospo cos'è la bellezza, il bello assoluto, to kalòn. Vi risponderà che è la sua femmina, con i suoi due grossi occhi rotondi sporgenti dalla piccola testa, la gola larga e piatta, il ventre giallo, il dorso bruno. (…).

Interrogate il diavolo: vi dirà che la bellezza è un paio di corna, quattro artigli e una coda. Consultate infine i filosofi: vi risponderanno con argomenti senza capo né coda; han bisogno di qualcosa conforme all'archetipo del bello in sé, al kalòn.

Assistevo un giorno a una tragedia, seduto accanto a un filosofo. «Quant'è bella!», diceva. «Cosa ci trovate di bello?» domandai. «Il fatto,» rispose, «che l'autore ha raggiunto il suo scopo». L'indomani egli prese una medicina che gli fece bene. «Essa ha raggiunto il suo scopo», gli dissi, «ecco una bella medicina!» Capì che non si può dire che una medicina è bella e che per attribuire a qualcosa il carattere della bellezza bisogna che susciti in noi ammirazione e piacere. Convenne che quella tragedia gli aveva ispirato questi due sentimenti e che in ciò stava il kalòn, il bello.

Facemmo un viaggio in Inghilterra: vi si rappresentava la stessa tragedia, perfettamente tradotta, ma qua faceva sbadigliare gli spettatori. «Oh, oh», disse, «il kalòn non è lo stesso per gli inglesi e per i francesi». Concluse, dopo molte riflessioni, che il bello è assai relativo, così come quel che è decente in Giappone è indecente a Roma e quel che è di moda a Parigi non lo è a Pechino; e così si risparmiò la pena di comporre un lungo trattato sul bello.

Voltaire, Dizionario filosofico, Voce "Teista"